I vitigni autoctoni sono varietà particolari, uniche nel loro genere, così legate al territorio da fondersi con esso, come se fossero una cosa unica. Ma quali sono i 5 vitigni autoctoni che il mondo ci invidia?
I top del Nord Italia
Il Friuli-Venezia Giulia è il regno incontrastato dei vitigni autoctoni, da quelli rimasti ormai soltanto nella memoria o nelle sperimentazioni di viticoltori audaci come il Tazzolelle, il Forgiarìn e lo Scjaglìn fino a varietà blasonate come il Friulano o il Verduzzo. Esiste però un’uva che, negli ultimi decenni, ha conquistato un posto importante nella scena delle bollicine made in Italy. Stiamo parlando della Ribolla Gialla, il bianco audace, forte ma elegante che rappresenta uno dei simboli più importanti della regione friulana.
Le prime tracce documentali la collocano nella zona del Collio intorno al 1200. È una varietà antichissima quindi, il cui nome deriva dal corrispettivo sloveno Rèbula. Come la maggior parte dei vitigni autoctoni, anche la Ribolla Gialla vive un periodo di down, un oblio che termina intorno ai primi anni '90 quando ne vengono ri-scoperte le numerose potenzialità.
In Friuli la Ribolla ha trovato il suo terroir ideale. La ponca, il tipico terreno della regione, caratterizzato da un’origine lacustre e un’alternanza di strati duri e teneri. Questa conformazione limita la vigoria della vite, favorendo la qualità a scapito della quantità. Il resto del lavoro lo fa il clima, ricco di escursioni termiche, che rendono raffinati e singolari gli echi varietali.
Un altro vitigno autoctono friulano che trae giovamento da questo suolo, il Refosco dal Peduncolo Rosso. I primi cenni storici di questa uva risalgono ai tempi dei Romani. Plinio il Vecchio, nei suoi scritti, narra di un’uva rossa presente in tutti i banchetti e prodotta nella zona che corrisponde all’odierno Friuli.
Il Refosco dal Peduncolo Rosso deve il nome così particolare al pedicello dell’acino che, poco prima della vendemmia, muta colore, diventando di un bel rosso mattone. Non è un’uva semplice e forse, nel corso degli anni, ha pagato lo scotto di vinificazioni poco attente. Grazie a una serie di cantine storiche, sapienti e coraggiose, questo vino ha conquistato la scena nazionale, dimenticando la nomea di etichetta spigolosa e sfuggente, a favore di un carattere più fine ed elaborato.
Tra le varie interpretazioni quella di Villa Vitas è una delle più importanti. Questa famosa azienda storica del borgo di Strassoldo ha infatti elaborato un rosso dotato di grande forza eppure delicato nei suoi accenti tannici. La cantina propone anche un’ottima Ribolla Gialla, da gustare all’ombra della splendida villa settecentesca disponibile per eventi o soggiorni.
Il Nebbiolo, grande protagonista del Barolo, è forse il simbolo della viticoltura piemontese. Equilibrato, ricco di sfumature, elegante senza essere ridondante, è considerato una delle varietà più nobili del nostro Paese. Le sue origini sono antichissime tanto da essere citato nel "De Rustica", il primo trattato di agricoltura risalente al I secolo d.C. La sua fama cresce nel corso dei secoli. Nel 1962 riceve una conferma definitiva grazie alla nascita del famoso Consorzio per la difesa dei vini Barolo e Barbaresco che ne sancisce il riconoscimento a livello internazionale.
Non è chiara l’origine del nome. C’è chi ritiene che faccia riferimento alla tipica pruina sulla buccia che regala un aspetto evanescente ai grappoli ma c’è anche chi pensa che sia un tributo alla nebbia mattutina che avvolge i filari di Nebbiolo. Qualunque sia la sua origine, questa varietà dà vita a vini dove predominano i sentori tipici piemontesi, tartufo, cioccolato e nocciole che lasciano la scena a pennellate delicatamente smoky e speziate.
La Schiava è un vitigno autoctono originario del Trentino Alto-Adige le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Una delle leggende più interessanti la indicano come un lascito dei Longobardi in Italia. Quello che sappiamo è che tutto nella Schiava parla di storia a partire dal nome dovuto all'abitudine medievale di potare con mani pesanti le viti per costringerle a rese più potenti ed energiche.
Citata da Goethe con il nome di Rother-Vernatsch, la Schiava oggi trova il suo terroir d’elezione nella zona del Lago di Caldaro, caratterizzata da un terreno forte, minerale e un clima ventoso che impedisce il ristagno dell'umidità tra gli acini. Il vino è dotato di un carattere piacevole, adatto sia ai palati esperti che ai neofiti. Perfetto per la carne, non disdegna l’abbinamento con zuppe a base di pesce.
Le eccellenze del Sud
L’Aglianico è un vitigno autoctono del centro-sud, coltivato soprattutto in Campania e Basilicata. Stabilire le origini esatte di questa uva è molto difficile in quanto i pareri degli esperti sono molto discordanti tra loro. L’ipotesi più accreditata lo colloca a Elea, una piccola città greca che sorgeva sulle coste campane e dalla quale deriverebbe anche il nome.
Decantato da Orazio nelle sue opere, si è fuso alla perfezione con i tipici tratti vulcanici del territorio campano e lucano, dando vita a un rosso particolare, dal carattere indomito. Per soggiogare la forte acidità, l’Aglianico ha bisogno di tempo e soprattutto di un lungo affinamento in barrique. Questo riposo permette un intimo scambio tra gli umori del mosto e quelli caldi del legno. Il risultato è un rosso strutturato, dal forte sentore di spezie e prugna e dal sapore complesso, ricco e persistente.
Il Nero D’Avola è il vitigno autoctono più famoso della Sicilia. Eclettico e versatile, si adatta con facilità alle varie condizioni climatiche dell’isola, regalando vini freschi e amabili ma anche rossi dotati di una struttura poderosa e un’incredibile eleganza. L’abitudine di allevarlo ad alberello sarebbe un chiaro indice dell’antica provenienza greca.
Utilizzato dapprima come semplice uva da taglio per vini piemontesi e toscani, è riuscito a ritagliarsi il suo posto d’onore grazie a viticoltori accorti che hanno modificato il lavoro in vigna, favorendo le basse rese e una produzione più attenta alla qualità. Oggi il Nero D’Avola è un rosso capace di narrare storie che profumano di mare e di sole, di macchia mediterranea e fugaci spezie. Il sorso ha le potenzialità di un vero latin lover, è intenso, passionale, intrigante, ricco di sfaccettature.
Questi sono soltanto alcuni dei vitigni autoctoni italiani. Nel nostro Paese ne esistono molti altri, alcuni noti come il Sangiovese, la Malvasia o il Trebbiano; altri sono meno celebri ma ugualmente ricchi di peculiarità come la Biancolella, il Ruché o il Cesanese. A noi rimane il gradevole compito di scoprirli e apprezzarli in tutta la loro grandezza!